Le biografie delle Star di Hollywood


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"Un tram che si chiama desiderio"

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Biografia 
 
 
                                                           
Marlon Brando

Marlon Brando

3 Aprile 1924, Omaha, Nebraska, USA
1 Luglio 2004, Los Angeles, California, USA

E’ l’attore che ha incarnato due generazioni di spettatori, ma è forse anche quello più complicato da capire sul profilo professionale della sua carriera cinematografica e della sua vita privata.
Nato nel 1924 ad Omaha (Nebraska), il padre, Marlon Brando, Sr, era un venditore di carbonato di calcio e la moglie, Dorothy Pennebaker, faceva l’attrice, ma artisticamente era in declino. Fin da bambino Marlon si dimostrava un ribelle di nascita, caratteristica che conservò fino alla fine; aveva una sorella, Jocelyn Brando, che si dedicò subito alla recitazione e un fratello Frannie che studiò arte e divenne un artista televisivo. Marlon invece non andava d’accordo con il padre, i caratteri contrapposti risultavano nocivi per entrambi e così decise di abbandonare i regolari studi che lo avrebbero portato alla laurea per intraprendere la carriera militare. Questa scelta nacque dal fatto che l’irrecuperabile carattere sarebbe stato educato dalla disciplina e dal rigore militare. E invece il giovane mal sopportava le rigide regole e la gerarchi all’interno dell’Accademia, diventava dispettoso, ne combinava di tutti i colori e venne espulso più volte. Trasferitosi a New York nel 1943, forse per stare con la sorella che era lì per studiare recitazione, Marlon, che non aveva terminato gli studi e non aveva intrapreso alcuno studio recitativo, per caso iniziò a misurarsi con la tecnica teatrale ottenendo dei discreti successi. La cosa che più gli piaceva era quel confrontarsi con il pubblico e con il mettersi in gioco con sé stesso e mai avrebbe immaginato quale carriera lo aspettasse. Iniziò a frequentare l’accademia di recitazione, l’Actor’s Studio che gli avrebbe fatto comprendere il famoso “Metodo” (teorie nate e in voga in quegli anni importate dal russo Kostantin Stanislavskij). Ma già la partecipazione a questa scuola fu un punto di domanda, egli stesso disse che l’avrebbe frequentato per pochi giorni, ma rimane il fatto che seppe e fu l’unico ad interpretare alla perfezione usando il metodo dell’Actor’s Studio il personaggio di Stanley in “Un tram che si chiama desiderio”. Centinaia di repliche ogni anno, folle che lo andavano a vedere e applaudire, facendolo diventare un’icona di quegli anni e permettendogli di crescere come persona a livello anche psicologico. Brando ricercava attraverso la sua poderosa memoria di incarnare con le battute il personaggio, diventare dunque Stanley e quindi incarnare psicologicamente in quel momento la figura che recitava. Rifiutava lo stile classico degli attori del tempo, metteva in pratica il Metodo e diceva sempre: “Devi rovesciare il tuo Io! Se non lo fai non puoi recitare”. In breve divenne un leader non solo nel campo recitativo, ma anche in quello sociale, aveva abbattuto l’idea che l’essere di provincia non rendeva, ora finalmente era un’identità o meglio un’icona generazionale. Molti spettatori della vecchia generazione rimasero sconvolti nel vederlo recitare, non poteva essere un modello di stile, e i giovani cercavano di imitarlo, ma niente da fare rimaneva solo lui sulla scena e non c’era per nessuno. Da New York un invito irrinunciabile arrivò da Hollywood, un biglietto di sola andata per cercare la gloria, ma anche un azzardo per il tempo, nella mecca del cinema poteva creare una rivoluzione o finire così la sua breve carriera. Arrivato tra i divi, lui fece quello che aveva sempre fatto rimase se stesso, ovvero brillante, intraprendente, indifferente ai giudizi sempre pronto alla battuta e con un fascino nuovo. La mecca offriva tanti personaggi, forse tanti Stanley Kowalski, duri e cattivi, ma si stava attraversando a Hollywood un momento di transizione, c’era il cinema e la televisione, il pubblico tradiva il primo per quest’ultima novità e proprio il cinematografo aveva bisogno di nuovi personaggi che attraessero le masse e Brando ne divenne un icona del tempo. Iniziò la carriera cinematografica sotto la 20th Century Fox, ma subito battagliò affinché ottenesse un’indipendenza di libertà senza sanzioni o rotture di contratto per poter girare film con altre case di produzioni e questo ottenne come grande novità. I produttori diffidavano di lui, difficile era intervistarlo, promuoverlo pubblicitariamente era quasi impossibile, ma era ricercato per copioni difficili, personaggi complessi e solo pochi registi riuscirono a renderlo sullo schermo. Nel suo primo film “Il mio corpo mi appartiene” (The Men), 1950, interpretò un veterano di guerra che perde l’uso delle gambe e deve lottare quotidianamente per tornare a camminare. Naturalmente non poteva reincarnare il suo successo teatrale in “Un tram che si chiama desiderio” (A Streetcar Named Desire), 1952, alla cui regia fu Elia Kazan, altro maestro dell’Actor’s Studio, film che ebbe un grandissimo successo commerciale e di premi. Il personaggio di Stanley Kowalski rimase sempre impresso nella sua memoria, tanto alla fine da odiarlo, forse perché oltre il film ne aveva fatte tante di quelle repliche da dire: “Kowalski aveva sempre ragione, non aveva mai paura…Non si interrogava mai, non era mai dubbioso. Il suo Io era estremamente sicuro. E aveva quel genere brutale di aggressività che io detesto…Tutto ciò mi fa paura: Detesto quel personaggio”. Stanley infatti era una figura troppo materialista per un uomo come Brando, che forse a prima vista poteva anche somigliare per durezza a quel personaggio, ma ne era completamente l’opposto. Dunque il capolavoro recitativo dell’attore consisteva proprio in questo che lo odia e ne aveva paura allo stesso tempo così da far nascere in lui un vero Stanley Kowalski. Sempre con Kazan alla regia, nel 1952 in “Viva Zapata!” indossa i panni del rivoluzionario Emiliano Zapata, nel 1953 è un ribelle in motocicletta, forse la parte che in quel momento più gli calzava a pennello, in “Il selvaggio” (The Wild One), grande successo di pubblico e acclamazione anche per il modo in cui vestiva. Una parte bellissima sul profilo recitativo gli fu affidata in “Fronte del porto” (On the Waterfront) nel 1954, ambientato nel porto di New York è la storia di un ex pugile, Terry Malone, tradito dal suo stesso fratello, cerca un lavoro onesto, ma si troverà davanti datori di lavori senza scrupoli. La sua recitazione qui affonda ancor di più nel metodo, mostra i lati psicologici e umani del personaggio a tratti violento a tratti incerto con momenti comici nel suo modo di agire. Piacque tantissimo al pubblico che ne rimase molto affezionato a questo personaggio e l’Academy lo premiò giustamente con un Oscar. Marlon però dopo questo film volle cambiare atteggiamento, la gente credeva in lui come un uomo auto motivato in un mondo motivato dagli altri, ma lui non volle più recitare quel suo Io che gli proveniva dal suo primo successo teatrale, ora voleva dare nuova vita al suo personaggio immedesimandosi in altri personaggi e dal 1954 iniziò questo esperimento che lo vide nei panni di Napoleone in “Desirèe”, nel giocatore Damon Runyon in “Bulli e pupe” (Guys and Dolls), 1955, Sakini in “La casa da tè alla luna d’agosto” (The Teahouse of the August Moon), 1956, il maggiore americano in Giappone “Sayonara”, 1957, nel soldato tedesco in “I giovani leoni” (The Young Lions), 1958, nel western “I due volti della vendetta” (One Eyed Jacks), 1961, qui persino regista dopo che Stanley Kubrick aveva abbandonato il suo posto, Christian Fletcher ne “Gli Ammutinati del Bounty” (Mutiny on the Bounty), 1962.
Ruoli che lo resero famoso, ma tanti rischi corse, perché questi titoli non sempre avevano quel successo planetario richiesto dai produttori. Brando rischiava grosso quando faceva questi film, chiedeva la cifra esorbitante di 1 milione di dollari, la quale veniva subito riguadagnata al box-office, ma non gli piaceva la pubblicità, non era un uomo di marketing, scappava ogni volta lo si voleva intervistare e come disse il regista italiano Gillo Pontecorvo avendolo come protagonista in “Queimada!”, 1969: “E’ la prima volta che vedo un attore così terrorizzato dalla macchina da presa”. Ma Marlon aveva capito com’era la vita, quali atteggiamenti prendere nel privato, nel pubblico e sul set accanto ai registi. Disse una volta: “Viene il momento nella vita di ogni attore in cui egli non ha voglia di recitare; sa già che nella scena che lo aspetta dovrà piangere e urlare e così via e questo lo annoia, lo estrania da se stesso…e non vorrebbe farlo…ma sarebbe una mancanza di dignità non cercare di fare il proprio meglio”. E se il compenso era troppo per le sue interpretazioni diceva: “…è un modo perfettamente legittimo di guadagnarsi da vivere. Non rubi a nessuno e diverti la gente”.
Un film su tutti lo mise dietro la macchina da presa “I due volti della vendetta” e Hollywood lo scoprì anche come regista impegnato, abile nel saper costruire le scene tanto quanto un regista di esperienza. Forse lo avrebbe voluto in questa veste per altri film, ma era Brando e non si concedeva se lui stesso non voleva. Quando invece realizzò “L’Ammutinamento del Bounty” si scontrò contro la Mgm, all’epoca in declino economico che su questo film aveva posto tutte le speranze di vita. Il film andò male, la produzione accusò l’attore di aver fatto aumentare le spese di dieci volte la somma stimata e tutto ciò che andò male compresa la sceneggiatura fu attribuita a lui la colpa. Così Marlon tirò fuori di sé tutta la sua rabbia e fece un’interpretazione ancor’oggi impeccabile nella quale la storia del Bounty passò in secondo luogo, perché il protagonista si immedesimò talmente bene nel personaggio che ne divenne la biografia di Christian Fletcher.
Negli anni Sessanta le interpretazioni iniziarono a declinare, i soggetti erano scarsi, fu protagonista “Missione in Oriente” (The Ugly American), nel 1963, nel 1966 ne “La caccia” (The Chase), diretto da Charlie Chaplin con Sophia Loren in “La contessa di Hong Kong” (A Countess From Hong Kong), nel 1967 e diretto da John Huston in “Riflessi in un occhio d’oro” (Reflections in a Golden Eyes), del 1967. Fu l’inizio degli anni Settanta a ridare dignità a quest’attore, grazie al regista Francis Ford Coppola che gli affidò la parte del boss Don Vito Corleone ne “Il Padrino” (The Godfather), 1972. Qui fu perfetto, aiutato da una buona sceneggiatura, riuscì a combinare attraverso l’abile uso del trucco che lo invecchio ulteriormente e la voce rauca ne fecero un simbolo del cinema. A seguire ogni film fu un evento mediatico, ma non risucì più a rimettersi in gioco come ne “Il Padrino”, sotto la direzioni di Bernardo Bertolucci affrontò “Ultimo tango a Parigi”, ma valse più lo scandalo della censura che per la sua interpretazione. Forse dopo quest’opera pensò di essere finito come attore, affrontò psicologi, analisti e il suo corpo iniziò a ingrassarsi, mangiava torte di cioccolata e non badava più alla linea. Ancora una volta nel 1979, il regista Coppola lo chiamò nel film “Apocalypse Now” nella parte del colonnello Kurtz. Si rilancia nuovamente come attore interpreta questo soggetto a meraviglia non è Brando in quel momento ma è il monumento di Kurtz, e tutta una nuova generazione di pubblico lo conosce e lo rivaluta.
Ma gli anni per la star passarono, anche i decenni e così gli anni Ottanta e Novanta lo videro in film di poco conto rispetto a quello che riuscì ad interpretare nel passato, ogni piccola o breve apparizione sullo schermo, però, era pagata con degli assegni elevatissimi; ogni regista lo voleva per il suo film; ogni attore lo desiderava accanto.
Così il mito di Marlon Brando prosegue ancor’oggi, molti attori fanno a gara per poterlo imitare, tentando di rassomigliargli, cercando di interpretarlo, ma nessuno po’ più farlo o riuscirci perché il suo stile provocatorio, drammatico e ironico di recitare ne divenne un simbolo della cultura americana e quei personaggi da lui interpretati sono oggi il manifesto di un cinema che ormai non c’è più.

G.R.




 
Filmografia 
 
 
                                                           
Anno Titolo Titolo originale Personaggio
1950 Il mio corpo ti appartiene The Men  Kenneth 'Ken' Wilcheck/'Bud' 
1951 Un tram che si chiama desiderio A Streetcar Named Desire  Stanley Kowalski 
1952 Viva Zapata!  Viva Zapata!  Emiliano Zapata 
1953 Giulio Cesare Julius Caesar  Mark Antony 
1953 Il selvaggio The Wild One  Johnny Strabler/Narrator 
1954 Fronte del porto On the Waterfront Terry Malloy 
1954 Desirée  Desirée  Napoleon Bonaparte 
1955 Bulli e pupe Guys and Dolls  Sky Masterson 
1956 La casa da tè alla luna d'agosto The Teahouse of the August Moon  Sakini 
1957 Sayonara  Sayonara  Maj. Lloyd 'Ace' Gruver - USAF 
1958 I giovani leoni The Young Lions  Lt. Christian Diestl 
1959 Pelle di serpente The Fugitive Kind  Valentine 'Snakeskin' Xavier 
1961 I due volti della vendetta One-Eyed Jacks  Rio  (anche regia, prod.)
1962 Gli ammutinati del Bounty Mutiny on the Bounty  1st Lt. Fletcher Christian 
1963 Missione in oriente The Ugly American  Ambassador Harrison Carter MacWhite 
1964 I due seduttori Bedtime Story  Freddy Benson 
1965 Morituri  Morituri  Robert Crain 
1966 La caccia The Chase  Sheriff Calder 
1966 A sud ovest di Sonora The Appaloosa  Matt Fletcher 
1967 La contessa di Hong Kong A Countess from Hong Kong  Ogden Mears 
1967 Riflessi in un occhio d'oro Reflections in a Golden Eye  Maj. Weldon Penderton 
1968 Candy e il suo pazzo mondo Candy  Grindl 
1968 La notte del giorno dopo The Night of the Following Day  Chauffeur 
1969 Queimada  Queimada  Sir William Walker 
1972 Improvvisamente, un uomo nella notte  The Nightcomers  Peter Quint 
1972 Il Padrino The Godfather  Don Vito Corleone 
1972 Ultimo tango a Parigi  Last Tango in Paris  Paul 
1976 Missouri  The Missouri Breaks  Robert E. Lee Clayton 
1978 Superman Superman Jor-El 
1979 Apocalypse Now  Apocalypse Now  Colonel Walter E. Kurtz 
1980 La formula The Formula  Adam Steiffel, Chairman Titan Oil 
1989 Un'arida stagione bianca A Dry White Season  Ian McKenzie 
1990 Il boss e la matricola The Freshman  Carmine Sabatini, aka Jimmy The Toucan 
1992 Cristoforo Colombo: la scoperta  Christopher Columbus: The Discovery  Tomas de Torquemada 
1995 Don Juan De Marco maestro d'amore  Don Juan DeMarco  Dr. Jack Mickler 
1996 L'isola perduta The Island of Dr. Moreau  Dr. Moreau 
1997 Il coraggioso The Brave  McCarthy 
1998 In fuga col malloppo Free Money  Warden Sven 'The Swede' Sorenson 
2001 The Score  The Score  Max 

Premi:


Nomination per Miglior attore:
1952 Un tram che si chiama desiderio (A Streetcar Named Desire) (1951)
1953 Viva Zapata! (1952)
1954 Giulio Cesare (Julius Caesar) (1953)
1958 Sayonara (1957)
1974 Ultimo tango a Parigi (1972)

Nomination per Miglior attore non protagonista:
1990 Un'arida stagione bianca (A Dry White Season) (1989)

Oscar per Miglior attore:
1955 Fronte del porto (On the Waterfront) (1954)
1973 Il Padrino (The Godfather) (1972)
Refused to accept the award for the reason that the U.S. and especially Hollywood are discriminating Native American people. Brando did not show up at the ceremony, but instead sent a faked Indian woman named Sacheen Littlefeather who later turned out to be Maria Cruz, a less known Californian actress.



Golden Globe per Miglior attore:
1955 Fronte del porto (On the Waterfront) (1954)
1956 Vinto Henrietta Award World Film Favorite - Male
1973 Il Padrino (The Godfather) (1972)
1973 Henrietta Award World Film Favorite - Male
1974 Henrietta Award World Film Favorite - Male


Nomination Golden Globe per Miglior attore:
1956 Nominato Henrietta Award World Film Favorite - Male
1957 La casa da tè nella luna d'agosto (The Teahouse of the August Moon) (1956)
1958 Sayonara (1957)
1964 Missione in oriente (The Ugly American) (1963)
1990 Un arida stagione bianca (A Dry White Season) (1989)

Cannes Miglior attore:
1952 Viva Zapata! (1952)


BAFTA Awards per Miglior attore:
1953 Viva Zapata! (1952)
1954 Giulio Cesare (Julius Caesar) (1953)
1955 Fronte del porto (On the Waterfront) (1954)

Nomination BAFTA Awards per Miglior attore:
1959 I giovani leoni (The Young Lions) (1958)
1973 Il Padrino (The Godfather) (1972)
1973 Improvvisamente, un uomo nella notte (The Nightcomers) (1972)
1974 Ultimo tango a Parigi (1972)
1990 Un arida stagione bianca (A Dry White Season) (1989)

Larel Award per Miglior attore:
1958 I giovani leoni (The Young Lions) (1958)

New York Film Critics Circle Awards per Miglior attore:
1954 Fronte del porto (On the Waterfront) (1954)
1974 Ultimo tango a Parigi (1972)



G.R.


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